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2016-03-13
GIUBILEO

L’ottava (e prima) opera di Misericordia

Le opere di misericordia nell’anno dei Giubileo sono ruscelli che diventano torrenti e si apprestano a diventare fiumi. Tanti i richiami verbali, abbondanti come la pioggia invocata e finalmente venuta a sbattere sulle nostre giornate quaresimali. Le comunità, entrando per la Porta Santa della Cattedrale, vengono richiamate a dare un contributo per l’impianto di un Emporio destinato ad ospitare il via vai dei viveri dai supermercati alle tavole delle famiglie in precarie condizioni; le parrocchie invitano famiglie e ragazzi del catechismo a riempire la cesta dell’offertorio della messa almeno una volta al mese; qua e là vengono presentate testimonianze della Caritas, del Banco Alimentare, di gruppi di volontariato. “Se offrirai il tuo pane all’affamato…”, dice il profeta Isaia (58,7). Non è solo questione di pane e di cibo, di viveri e di bevande. Le storie che si incontrano e quelle che vengono raccontate, narrano di un bisogno che non prende solo lo stomaco, ma attraversa l’anima. Le persone che i volontari incontrano sulla soglia della loro casa, o quanti vengono a bussare alla tua porta o si prenotano puntuali al punto di distribuzione dei viveri, non hanno bisogno soltanto del ‘pacco’. La richiesta del cibo spesso è solo un pretesto, o piuttosto l’occasione per ricevere uno sguardo, scambiare una parola, mendicare un saluto. Che cosa domanda un uomo a un altro uomo? Che cosa gli può dare?
Nei miracoli che il Vangelo racconta, Gesù non sbriga la faccenda attraverso la guarigione o la distribuzione del pane. Lui sa che cosa c’è nel cuore di ogni uomo e che cosa domanda. La sete della samaritana va oltre il pozzo, la fame della folla rivela lo squarcio di una domanda di vita, gli occhi spenti del cieco si aprono a seguire il Maestro, e il paralitico ha bisogno ben più che di raddrizzare le gambe. Gesù compie miracoli che raggiungono l’anima. Zaccheo è guarito con un pranzo che scandalizza i benpensanti; la donna adultera viene salvata dal linciaggio attraverso uno sguardo. La parola di Gesù incide il cuore dei facili accusatori: “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra”; quindi Gesù rialza la donna dalla polvere della terra: “Donna, nessuno ti condanna? Neanch’io ti condanno”.
L’opera di misericordia più grande è la liberazione dal giudizio di condanna. La fretta dei giornali che sbattono in pagina uomini e donne feriti dal male prima che venga confermata la loro colpevolezza, è una forca che uccide. Nella nostra epoca individualista e giustizialista, il male sembra esistere solo quando possiamo imputarlo agli altri; si tenta di salvarsi in anticipo, condannando in fretta corrotti e peccatori. Leggendo il Vangelo, si scopre che Gesù ha praticato un’ottava opera di misericordia, quella di abbracciare e rialzare i peccatori.


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