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2015-11-21
Parigi
E NOI QUALE VITA OFFRIAMO CONTRO I LORO kalashnikov?

Quelli che vengono da noi, che cosa incontrano? Quelli che crescono con noi, quale confronto hanno per la loro vita? E noi stessi, di che cosa viviamo, a quale ideale ci attacchiamo? Di fronte agli attentati di Parigi ci sentiamo improvvisamente indifesi come una cittadella che vede le mura sgretolarsi e cadere. Non solo per una minaccia che «può colpire in qualsiasi momento e ovunque, al ristorante, allo stadio o durante un concerto», ma per la sensazione di trovarci nudi e scoperti, come vuoti recipienti di vetro. Basteranno la difesa aggressiva degli attacchi aerei o la cortina di indagine e di difesa di strade e ambienti, restringendo permessi e aumentando l’organico dei poliziotti?
Da dove verrà l’aiuto? Il Vangelo parla di un ramo di fico che s’intenerisce per un nuovo germoglio e genera vita. La gente in fuga da guerra e disperazione - mamme con bambini piccoli, giovanotti robusti, uomini maturi, anziani dalle rughe profonde; forse, tra loro, infiltrati dell’Isis, arrivando da noi, in che cosa si imbattono dunque? Trovano – ci auguriamo - un luogo dove respirare, dormire e mangiare. Incontrano anche persone che amano la vita, cristiani lieti e convinti di una fede vissuta e amata? Che tipo di umanità incrociano gli stranieri che camminano per le nostre città e paesi? O quelli che frequentano le nostre scuole e i nostri ambienti?
La loro cultura ricca di valori e a volte persino intessuta della nostra stessa fede cristiana, oppure accesa di odio e violenza, dovrà incrociare il nostro vuoto? Non solo il vuoto delle chiese, ma quello della mente e del cuore, la desolazione di vite prive di senso! Mille volte ci auguriamo che siano condotti a paragonare la loro vita e la loro fede – musulmani, animisti, buddisti, cristiani di altre confessioni – con la nostra fede, con il nostro amore alla vita, con la fedeltà e la certezza dell’amore coniugale, con il bene dei figli avviati alla vita, con la cura dei deboli accompagnati a sperare, con l’unità di un popolo unito che vive e spera.
Senza ostentare un’assurda capacità di vivere senza peccato, sappiamo tuttavia che la più grande difesa dal male – interiore ed esteriore – consiste in una umanità abitata da Cristo e dalla sua misericordia; in un popolo unito nella preghiera e fiducioso nella speranza, attaccato a una stella in cielo e a una compagnia buona sulla terra. Anche la crudeltà degli antichi barbari è stata convertita, anche la corruzione dei moderni può venire dissolta. Non spariranno forse minacce e persecuzioni, ma sarà dignitoso vivere e anche morire. E un riflesso di Cristo crocifisso e risorto potrà ancora colpire il cuore dell’uomo e riaccendere la vita.

PS. Un amico che ha letto in anteprima questo trafiletto, scrive: «La kamikaze che si è lasciata esplodere a Parigi, quando andava al lavoro diceva che odiava la Francia, una nazione senza Dio. Infatti, sono stati colpiti luoghi di svago e di distrazione. La donna notava questo vuoto nella società francese e per questo la odiava. Mi dicono anche che domenica scorsa tantissima gente in Francia è andata in chiesa. Non bastano le candele e le rose per vivere, si cerca una speranza più grande».
Angelo Busetto


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