2014-08-13 Mercoledì 13 agosto ore 21. CORPI GLORIOSI – Incontro di preghiera in Cattedrale
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UNA VITA TENACE
L’incontro con Massimiliano Tresoldi
Una stretta di mano forte e decisa, e il capo sollevato quel tanto che può. Massimiliano è vivo e partecipe, trattenuto dentro un corpo limitato e compulsivo. Il giovane aitante e sportivo è stato fermato da un incidente stradale che non gli ha spezzato alcun osso ma ha colpito duramente il cervelletto. Dieci anni di coma profondo, con la secca sentenza dei medici specialisti: “E’ un rudere, senza possibilità di risveglio”. Max continua ad essere vivo dentro. I genitori lo strappano dall’ospedale e dai parametri della decadenza, e se lo portano a casa. Una casa subito invasa da amici, vecchi compagni di campo sportivo o nuovi ragazzi della parrocchia, persone incontrate in quartiere e invitate a venire a trovare Max. La scintilla si riaccende verso la fine dell’anno 2000. Una sera la mamma si dichiara affranta e vinta; Max le risponde facendo il segno di croce con la mano destra. E’ la mano che continua a muoversi con ampi segni, disegnando nell’aria l’anagramma del proprio cognome e di quello della mamma, spingendo ripetutamente in altro il pollice dell’o.k. Accompagnato dalla mamma, Massimiliano scrive le dediche del libro che racconta la sua storia. In due fogli che mi consegna le grandi lettere dicono: “Quando Dio ti chiama devi andare: mi è stato detto in faccia. Ma Dio mi ha lasciato vivere per testimoniare la Bellezza della VITA. Max”. Il racconto della mamma dal presbiterio della Cattedrale, di fronte a tanta gente attentissima e sorpresa, è un fiume in piena. Mentre ascolto e guardo, ho in mente l’Assunta, il corpo glorioso di Maria. Ho in mente la rinuncia dei miei giovani, la stanchezza delle serate, la delusione che toglie iniziativa alla vita. Riaccade in me e nell’assemblea quello che la mamma aveva raccontato durante la cena. Aveva detto che il cervello di Max dopo l’incidente era diventato come una tangenziale intasata di macchine: tutto bloccato; ma un filo di percorso si è aperto pazientemente come un pedone che cammina nei brevi spazi tra una macchina e l’altra e procede di metro in metro. La vita si infila nei pertugi, e il cammino procede, sempre. A Lourdes qualche anno fa Max ha potuto stare in piedi per la prima volta. Appena l’altra settimana si è imboccato da solo. Max abbraccia la mamma, avvolgendola ampiamente al collo. Alla fine abbraccia le persone che gli si avvicinato e si fa fotografare con loro. Ha detto tante volte: “Sono felice”. L’energia sopita e impulsiva di questo ragazzo ormai uomo, la forza determinata e solare della mamma, la salda pacatezza del papà sono davanti a noi. Perché lasciarsi abbattere dalle tante nostre minute avversità? Come non riprendere ogni volta a sperare, riaccendendo l’iniziativa dei giorni? Davanti a noi, uomini del sole e della spiaggia, delle cure di bellezza e delle insuperate crisi esistenziali, Max guadagna di giorno in giorno piccoli spazi di vita. Dovrà sciogliere e coordinare meglio le membra, raddrizzare il capo, riprendere la parola. Fino a quella pienezza di vita segnata dal corpo glorificato di Maria Assunta che continua a guardarci dal cielo e dall’immagine alta sulla parete del presbiterio.
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